Alla scoperta di una professione di punta nel futuro della comunicazione
UX Designer, un identikit
Gli UX designer sono sempre più richiesti dal mercato. Le offerte di lavoro per questa figura sono in crescita costante da almeno 5-6 anni in Italia, mentre all’estero questa è una tendenza consolidata da più anni. Per avere un’idea basta fare un giro su Linkedin, dove si trovano molti recruiter specializzati esclusivamente nella ricerca e selezione di UXD.
Questa richiesta è destinata a restare costante nei prossimi anni, per ragioni legate alla natura dell’industria digitale, dove sempre più spesso gli UXD trovano collocamento.
Gran parte dei prodotti digitali che vengono rilasciati ogni anno infatti sono basati su strati di software preesistenti, ai quali viene spesso solo applicato un redesign della parte di front end con cui interagisce l’utente finale. Ed è qui che l’UXD entra in gioco.
A questa forte richiesta non corrisponde, dall’altro lato, un numero sufficiente di designer qualificati in grado di soddisfare le esigenze del mercato. Al momento infatti, le figure professionali con una certa seniority (10 anni o più di esperienza nel ruolo) sono davvero poche, e in genere abbastanza costose.
È difficile trovare figure professionali in grado di dialogare con tecnici, manager e clienti, che abbiano competenze multidisciplinari e siano capaci di guidare in un approccio alla progettazione incentrata sull’utente.
Ma perché? Cosa fa di tanto speciale un UX designer?
Cosa fa un UX Designer
“User Experience Designer” vuol dire, alla lettera, “progettista dell’esperienza dell’utente”. Il problema di questo nome è che nasconde una questione fondamentale, e cioè che l’esperienza è sempre unica e soggettiva e non può essere progettata. L’interazione di 100 utenti con lo stesso prodotto dà come risultato 100 esperienze differenti.
L’UXD, quindi, a dispetto del nome non progetta esperienze: ciò che fa è studiare il comportamento degli utenti e progettare il punto di contatto (touchpoint) con un prodotto o servizio lungo tutto il percorso d’uso, dal bisogno fino al ricordo. Si tratta dunque di intervenire sul prodotto in sé, sui canali di fruizione, vendita e assistenza e, nei casi migliori, anche nella riprogettazione dei processi e delle policy aziendali se questo può contribuire a trasformare un prodotto o servizio in senso usercentered.
Per far questo, nella pratica, l’UXD si occupa di:
- raccogliere gli obiettivi di business dai committenti;
- descrivere il profilo e le caratteristiche degli utenti-tipo (personas);
- studiare i comportamenti d’uso, i bisogni e le frustrazioni degli utenti lungo tutto l’arco di interazione con un prodotto o servizio (user journey);
- dichiarare opportunità e obiettivi (misurabili) da raggiungere con il design;
- progettare l’architettura dell’informazione;
- creare prototipi a bassa definizione (wireframes) di un prodotto e testarne l’usabilità;
- creare modelli realistici, esteticamente piacevoli e coerenti con la brand identity (mockups);
- creare e manutenere una design library che raccolga moduli riutilizzabili per future estensioni del progetto;
- analizzare i dati d’uso, fare test, iterare.
Competenze per la UX
Come si vede, lavorare come UXD richiede un certo eclettismo, dato che le attività non si limitano al solo progetto, ma spaziano dalla ricerca all’analisi.
Quali sono quindi le competenze necessarie per svolgere questo lavoro? Ecco le principali, soprattutto per quelli che lavorano nell’ambito dell’industria digitale:
- competenze di visual design;
- conoscenza delle teorie psicologiche sulla percezione e l’attenzione;
- conoscenza delle teorie strutturali del testo;
- conoscenza delle tecniche di ricerca sociale (quantitativa ed etnografica);
- competenze informatiche;
- competenze nell’uso di software per la grafica digitale.
A queste conoscenze e competenze bisogna aggiungere certamente anche due soft skills di fondamentale importanza: la capacità di mediare e agire da facilitatore, e quella di comprendere gli obiettivi di business e coniugarli con i bisogni dell’utente e i fattori tecnici e produttivi. Infatti, quasi sempre è richiesto all’UXD di esercitare un ruolo di “cerniera” tra i comparti più tecnici (in genere l’IT) e quelli più orientati al mercato (marketing e management).
Percorsi formativi e professionali
Oggi le aziende ricercano espressamente UX Designer, ma solo fino a pochi anni fa non era così. Diversi UXD all’inizio delle loro carriera non erano tali: erano sviluppatori di software, psicologi, grafici, marketer, comunicatori, analisti.
Qual è il percorso formativo e professionale tipico di chi fa l’UXD di mestiere? In realtà non ce n’è uno solo, e questo per almeno due ragioni. La prima è che, come già detto, progettare la UX richiede competenze ad ampio spettro ed un certo eclettismo, che consenta di coniugare la conoscenza delle dinamiche psicologiche, competenze del dominio di business, abilità tecniche e digitali e una certa dose di creatività.
La seconda è che quella di UXD è una figura emersa di recente, per la quale le università hanno cominciato ad attrezzarsi solo da poco tempo. Se da un lato sono sorti negli ultimi anni percorsi di laurea in Interaction Design o Design della Comunicazione, è pur vero che la maggior parte di quelli che oggi lavorano come UXD non hanno fatto in tempo a frequentare tali corsi universitari, perché hanno iniziato la loro carriera prima che questi fossero avviati.
Tra i corsi di laurea “tradizionali”, quello che fornisce il mix di competenze più adatto a un UX Designer è probabilmente Scienze della Comunicazione, per via di materie come semiotica, psicologia e ricerca sociale.
I corsi di laurea in Psicologia offrono un’insostituibile prospettiva su percezione, memoria, attenzione, emozione, ergonomia. Anche i percorsi di studio in Informatica, soprattutto quelli che prevedono esami sul tema dell’interazione uomo-macchina, offrono una buona base da cui partire.
Da notare poi, per quanto possa sembrare curioso, che tra i primi UXD ce ne sono diversi che hanno competenze in Archivistica e Biblioteconomia. Questo non dovrebbe stupire più di tanto, visto che l’architettura dell’informazione, cioè la capacità di rendere l’informazione trovabile e di creare percorsi di senso, è una competenza che serve tanto per il progetto della biblioteca quanto per il design di un e-commerce.
Negli ultimi anni sono stati avviati alcuni corsi di laurea più specifici come il corso di Laurea Magistrale in Digital and Interaction Design del Politecnico di Milano. Accanto a questi sono sorti però anche numerosi corsi professionali e “Master” (che non sono veramente tali) che hanno la pretesa di formare da zero le nuove leve di UXD.
C’è da dire che, oltre all’ovvia impossibilità di formare una figura professionale così complessa ed eclettica come lo UXD in poco tempo e senza un vero confronto con il mercato, la gran parte di questi corsi hanno un costo davvero esagerato per quello che offrono.
Probabilmente oggi il percorso formativo più diretto per un giovane che voglia diventare UXD è quello che passa per un corso di laurea specifico come quello in Design della Comunicazione dello IED o qualcosa di simile. Ma resta un’ottima alternativa anche quella di formarsi in un ambito contiguo (es. Ingegneria del Software, Comunicazione, Psicologia, Antropologia…) e poi completare il percorso con dei corsi professionali brevi più specifici e, soprattutto, con molte letture e tanta pratica sul campo.
Un’alternativa a disposizione anche di quanti abbiano già una formazione e un’esperienza professionale compatibile alle spalle e vogliano orientare la propria carriera verso il ruolo di UX Designer.