Se c’è una cosa su cui tutti concordano riguardo Sanremo è che, volenti o nolenti, non gli si può restare indifferenti. L’eco mediatica del Festival della canzone italiana è tale che persino chi lo denigra, chi dice di non guardarlo e poi invece “spizza” l’occhio o chi si dichiara totalmente avulso si ritrova a subirne commenti, recensioni e gossip.
Così per questo Sanremo 2021 lo staff di Krill Academy ha provato a fare un esperimento. Abbiamo provato a seguirlo dividendoci in tre categorie di fruitori:
- Sara lo ha seguito da addetta ai lavori, guardandolo in tv ma sempre avendo a portata di mano i suoi device per seguirne gli sviluppi social e mediatici.
- Mino si è messo nei panni dell’utente medio, sintonizzandosi su Rai1 tutte le sere lottando accanitamente contro il sonno.
- Luca invece ha proprio spento la tv, ma lavorando col web tutti i giorni ha annotato le notizie che più di tutte travalicavano il palco dell’Ariston.
A giochi fatti, ci siamo divertiti a confrontarci per capire quanto e cosa resti della kermesse più seguita (e costosa) del circo mainstream italiano anche a chi prova, invano, a restarne fuori.
L’effetto “Orietta”
Che da qualche anno il festival stia cercando di svecchiare il proprio target non è un mistero. Viene spontaneo pensare come questa affannosa rincorsa verso un pubblico più giovane parta da una precisa richiesta degli inserzionisti. Ad esempio, non è difficile immaginare che il main sponsor dell’evento, TIM, abbia interesse a divulgare i propri prodotti verso una platea molto più ampia rispetto ai cosiddetti “boomer” che sono soliti guardare Sanremo.
Si spiega così facilmente la scelta del roster da parte di Amadeus: un numero di artisti elevatissimo (ben 26) dei quali la stragrande maggioranza scelti a tavolino non tra coloro che solitamente avrebbero nell’Ariston il proprio palcoscenico naturale, bensì tra artisti molto in voga tra il pubblico giovanile, meglio se già in passato concorrenti di qualche talent show.
L’eccezione che conferma la regola risponde al nome di Orietta Berti. La cantante emiliana classe ’43 è ovviamente rappresentativa di un target più attempato che comunque la direzione artistica del festival e la rete non si possono permettere di lasciare per strada. Eppure la sua partecipazione si è calata perfettamente nel nuovo spirito “social” della kermesse. Quanto in maniera scientifica oppure puramente casuale lo lasciamo decidere ai lettori.
Prova ne è che chi non ha seguito il festival e non conosce una singola nota o parola della sua canzone, non ha potuto evitare le notizie bizzarre del suo inseguimento con la polizia per aver violato il coprifuoco, dell’allagamento della sua camera d’albergo o della storpiatura dei nomi di due artisti finiti sul podio come Ermal Meta (diventato Ermal Metal) e i Maneskin (divenuti Naziskin)
Le gaffe dell’“Oriettona nazionale” sono rimbalzate sui social e sulle agenzie stampa in maniera virale molto più della sua canzone, generando un sentiment di simpatia e affetto verso colei che sarebbe potuta essere nonna di molti degli artisti in gara.
L’“Effetto Orietta”, in realtà, non è nuovo nella comunicazione italiana. L’esempio più fulgido è sicuramente quello della nonna di Casa Surace, ultimamente sbarcata anche negli spot pubblicitari, che col suo fare impacciato ma al tempo stesso spontaneo e sincero, colpisce nel segno di quella che è la vera esigenza dei media contemporanei: il realismo, l’abbattimento della cosiddetta “quarta parete” che sigla un patto di reciprocità e autenticità col pubblico. Un’autenticità ovviamente fake e finalizzata a obiettivi di mercato, come può essere stata tutta la narrazione costruita attorno a Orietta Berti che è riuscita a portare ulteriore visibilità al festival e, pensiamo, anche all’artista. Un’artista che, con le sue gaffe e il suo outfit demodè, avrebbe rischiato di generare un codazzo di critiche e polemiche prontamente disinnescate da una comunicazione molto efficace in grado di sfruttare a proprio favore un brand, quello di Orietta Berti appunto, altrimenti decisamente – quanto paradossalmente – fuori contesto.
TV o Web, l’importante è rapire l’attenzione del pubblico
Un altro aspetto molto interessante dal punto di vista della comunicazione del festival è il costante allargamento del suo perimetro d’azione dalla tv al web. Anche qui non scopriamo certo l’acqua calda affermando che il ruolo dei social sia divenuto di primaria importanza in questo come in tutti i programmi televisivi che necessitano di prolungare il proprio hype ben oltre la durata della trasmissione.
Sempre cercando di guardare dal punto di vista degli inserzionisti, dunque, va dato atto al Festival di avere spinto molto sul divulgare porzioni di puntata per attirare, appunto, anche chi non aveva partecipato in diretta. È il caso, ad esempio, della performance di Elodie, ricondivisa e reclamizzata dappertutto il giorno seguente anche grazie alla possibilità di rivederla direttamente su RaiPlay o sul canale YouTube della RAI senza doverla per forza ripescare nell’intera – e lunghissima – puntata.
Stesso dicasi per gli sketch con Ibrahimovic, volutamente integrati per attrarre il pubblico maschile e calciofilo, o per le esibizioni di Achille Lauro caratterizzate da monologhi molto pungenti (e dunque forieri di polemiche) e dall’outfit di Gucci che genera sempre molta curiosità tra gli addetti ai lavori del mondo fashion.
Nell’ottica di un prodotto di comunicazione studiato per risultare gradevole a target tra loro molto differenti, non possiamo non citare anche la funzione di Fiorello, per alcuni un po’ scarico quest’anno, ma che comunque con la sua verve riesce a sostenere tante fasi di uno spettacolo così lungo. In fondo il Rosario nazionale ci porta sempre un po’ in vacanza, nello scenario nazional popolare dello show da villaggio turistico. E that’s entertainment!
Sanremo, dunque, vuole essere pane per i denti di tutti e per farlo deve spostarsi necessariamente sul web. Dunque, non più solo la ricerca pruriginosa di uno spacco svolazzante o la caccia al plagio o alla gaffe – benché, e non poteva essere diversamente – non siano mancati neppure quelli – ma un inserimento ragionato per contenuti sponsorizzati sfruttando le enormi possibilità di targetizzazione offerte dal web. Risultato? Anche chi si è ostinatamente imposto di non guardare il festival ha degli interessi, dallo sport alla moda, dai diritti civili al make up. E Sanremo, nel suo essere totalizzante, ha strutturato la propria scaletta settimanale in modo da non farsi mancare nulla e poter poi, a cascata, approdare con i propri inserzionisti anche sui device di chi non voleva averci niente a che vedere.
Via al televoto
Infine, l’aspetto forse più scontato di tutti è proprio l’influenza dei social sulla kermesse canora. Più che altro una conseguenza di tutto il battage mediatico descritto sin qui. È chiaro, infatti, che se inviti 25 cantanti su 26 under 50 (Francesco Renga e Max Gazzè li abbiamo volutamente “ringiovaniti…”) e se basi tutto il coinvolgimento sul web anziché su stampa e radio come si faceva una volta, non puoi che aspettarti una battaglia a colpi di like.
Regina indiscussa del festival da questo punto di vista non poteva essere che lei, sua maestà Chiara Ferragni. Pur avendo dichiarato che non avrebbe fatto alcun tipo di endorsement, aveva pur sempre il marito in gara e, alla fine non ce l’ha fatta più. Risultato? Fedez e Francesca Michielin (i cui profili hanno avuto di riflesso un incremento di followers decisamente cospicuo, anche questo possiamo immaginare parte dell’accordo commerciale alla base della nuova collaborazione tra i due artisti) sono schizzati dal 19° posto alla seconda posizione finale. Dunque a un passo dalla vittoria.
Anche Ghemon è riuscito a far parlare di sé sui social cercando di attirare l’attenzione anche del pubblico che ancora non lo conosceva con una serie di stories in cui inscenava simpatiche chiamate a chiunque pur di ottenere un voto. Proprio come fosse in un talent show.
E non sono mancate, come sempre, anche le incursioni di altri programmi di reti concorrenti, come quella di Propaganda Live che – vedendo escluso dal roster il proprio beniamino Roberto Angelini – ha chiesto e ottenuto da vari artisti come Malika Ayane o Wrongonyou una citazione nascosta da riproporre poi sui social e in puntata.
Se persino Luca, dunque, è riuscito tuttora ad evitare l’ascolto del tormentone di Colapesce e Dimartino o della canzone vincitrice dei Maneskin, dall’analisi del nostro staff è emerso come sia stato letteralmente impossibile scansare la rifrazione che Sanremo ha costruito sul web e, di conseguenza, sulla narrazione collettiva della settimana che ha monopolizzato.
Un processo comunicativo non certo improvvisato ma che si sta costruendo negli anni, in cui ad esempio molte delle ironie e delle ambientazioni che erano tipiche del DopoFestival sono state dirottate direttamente sui social, amplificandone a dismisura l’efficacia. E che a noi appassionati desta sempre molta curiosità, indipendentemente dal gusto soggettivo che ciascuno può avere verso un evento che resta – e non potrebbe essere altrimenti – la più grande macchina di comunicazione mediatica italiana a livello mainstream.
Perché, in fondo, Sanremo è sempre Sanremo.